Decanato San Siro - Sempione - Vercellina | Parrocchia Beata Vergine Addolorata in San Siro (MI)

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Le 10 catechesi Family 2012 - La Festa Tempo per la Famiglia

8. LA FESTA TEMPO PER LA FAMIGLIA


A. Canto e saluto iniziale


B. Invocazione dello Spirito Santo


C. Lettura dalla parola di Dio


D. Catechesi biblica


1. Il settimo giorno della creazione. L’uomo moderno ha creato il tempo libero e ha perso il senso della festa. Bisogna ricuperare il senso della festa, e in particolare della domenica, come «un tempo per l’uomo», anzi un «tempo per la famiglia». Ritrovare il cuore della festa è decisivo anche per umanizzare il lavoro, per dargli un significato che non lo riduca a essere una risposta al bisogno, ma lo apra alla relazione e alla condivisione: con la comunità, con il prossimo e con Dio.


Il settimo giorno è per i cristiani il «giorno del Signore», perché celebra il Risorto presente e vivo nella comunità cristiana, nella famiglia e nella vita personale. È la pasqua settimanale. La domenica non rompe la continuità con il sabato ebraico, bensì lo porta a compimento. Per capire la singolarità della domenica cristiana è necessario perciò riferirsi al senso del comandamento del sabato. Per santificare la festa, secondo il comandamento, il popolo di Dio deve dedicare un tempo riservato a Dio e all’uomo. Nell’Antico Testamento c’è un forte intreccio, tra il settimo giorno della creazione e la legge di santificare il sabato. Il comandamento del sabato, che riserva un tempo per Dio, custodisce anche la sua intenzione di creare un tempo per l’uomo.


Dopo l’opera dei sei giorni, il riposo è il compimento dell’opera creatrice di Dio. Nel primo giorno Dio stabilisce la misura del tempo con l’alternanza di notte e giorno; nel quarto giorno Dio crea i luminari, il sole e la luna, perché «siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni» (Gn 1,14), nel settimo giorno Dio «porta a compimento il lavoro che ha fatto». Inizio, centro e termine della settimana della creazione sono segnate dal tempo, che ha il suo fine nel giorno di Dio. Il settimo giorno è il momento del riposo e comunica la benedizione a tutta la creazione. Non solo interrompe l’attività umana, ma dona la fecondità connessa con il ri­poso di Dio. Il culto e la festa danno così senso al tempo umano. Attraverso il culto, il tempo mette l’uomo in comunione con Dio e Dio entra nella storia dell’uomo. Il settimo giorno custodisce il tempo dell’uomo, il suo spazio di gratuità e relazione.


La festa come «tempo libero» è vissuta oggi nel quadro del «fine settimana» che tende a dilatarsi sempre più e assume tratti di dispersione e di evasione. Il tempo del week-end, particolarmente concitato, soffoca lo spazio della domenica. Invece del riposo, si privilegia il divertimento, la fuga dalle città, e ciò influisce sulla famiglia, soprattutto se ha figli adolescenti e giovani. Essa fatica a trovare un momento domestico di serenità e di vicinanza. La domenica perde la dimensione familiare: è vissuta più come un tempo «individuale» che come uno spazio «comune». Il tempo libero diventa sovente un giorno «mobile» e corre il rischio di non essere più un giorno «fisso» per adattarsi alle esigenze del lavoro e della sua organizzazione.


Non si riposa solo per ritornare al lavoro, ma per fare festa. È quanto mai opportuno che le famiglie riscoprano la festa come luogo dell’incontro con Dio e della prossimità reciproca, creando l’atmosfera familiare soprattutto quando i figli sono piccoli. Il clima vissuto nei primi anni della casa natale rimane iscritto per sempre nella memoria dell’uomo. Anche i gesti della fede nel giorno di domenica e nelle festività annuali dovranno segnare la vita della famiglia, dentro casa e nella partecipazione alla vita della comunità. «Non è tanto Israele che ha custodito il sabato, – è stato detto – ma è il sabato che ha custodito Israele». Così, anche la domenica cristiana custodisce la famiglia e la comunità cristiana che la celebra, perché apre all’incontro con il mistero santo di Dio e rinnova le relazioni familiari.


2. Il comandamento di santificare il sabato. Il terzo comando del decalogo ricorda la liberazione dall’Egitto, il dono della libertà che costituisce Israele come popolo. È un «segno perenne» dell’alleanza tra Dio e l’uomo, a cui partecipa ogni esistenza, persino la vita animale. Vi prende parte anche la terra (che ha il suo riposo nel settimo anno) e tutta la creazione (il giubileo, il sabato degli anni) (Lv 25,1-7 e 8-55). Il sabato del decalogo ha perciò un significato sociale e liberante. Il comandamento non viene motivato solo con l’opera creatrice, ma anche con l’azione redentrice: «Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire… Il Signore tuo Dio ti ordina di fare il giorno del sabato» (Dt 5,15). Opera della creazione e memoriale della liberazione si tengono per mano. «Fare il sabato» significa compiere un «esodo» per la libertà dell’uomo, passando dalla «schiavitù» al «servizio». Per sei giorni l’uomo servirà faticando, ma il settimo cesserà il lavoro servile affinché possa servire nella gratitudine e nella lode. Il sabato dunque strappa dal servizio/schiavitù per introdurre nel servizio/libertà.


Nella Liturgia c’è una stupenda preghiera (Preghiera sulle offerte della XX Domenica) che ci può aiutare a ritrovare la festa come compimento del lavoro dell’uomo: «Accogli, Signore, i nostri doni, in questo misterioso incontro fra la nostra povertà e la tua grandezza: noi ti offriamo le cose che ci hai dato, e tu donaci in cambio te stesso». Il testo invoca il prodigioso incontro tra la nostra povertà e la grandezza di Dio. Questo scambio si realizza nell’incontro tra il lavoro e la festa, tra la dimensione «produttiva» e la dimensione «gratuita» della vita. In casa e nella comunità cristiana, la famiglia sperimenta la gioia di trasformare la vita di tutti i giorni in liturgia vivente. Nella preghiera in casa, la coppia prepara e irradia la celebrazione liturgica festiva. Se i figli vedono i genitori pregare prima di loro e con loro, impareranno a pregare nella comunità ecclesiale.


3. La preghiera delle offerte, sopra ricordata, così conclude: Tu donaci in cambio Te stesso. L’invocazione chiede a Dio non solo la salute, la serenità, la pace familiare, ma nientemeno che Lui stesso. Il senso della fatica feriale è di trasformare il nostro lavoro in offerta grata, in riconoscimento del dono che ci è stato fatto: la vita, il coniuge, i figli, la salute, il lavoro, le cadute e le riprese dell’esistenza. La libertà cristiana consiste nella liberazione dell’uomo dal lavoro e nel lavoro, affinché sia libero per Dio e per gli altri. L’uomo e la donna, ma soprattutto la famiglia, devono iscrivere nel loro stile di vita il senso della festa, in modo da vivere non solo come soggetti nel bisogno, ma come comunità dell’incontro.


L’incontro con Dio e con l’altro è il cuore della festa. La mensa della domenica, in casa e con la comunità, è diversa da quella di ogni giorno: quella di ciascun giorno serve per sopravvivere, quella della domenica per vivere la gioia dell’incontro. La mensa festiva è tempo per Dio, spazio per l’ascol­to e la comunione, disponibilità per il culto e la carità. La celebrazione e il servizio sono le due forme fondamentali della legge, con le quali si onora Dio e si accoglie il suo dono di amore: nel culto Dio ci comunica gratuitamente la sua carità; nel servizio il dono ricevuto diventa amore condiviso e vissuto con gli altri. Il dies Domini deve diventare anche un dies hominis! Se la famiglia si accosta in questo modo alla festa, potrà viverla come il giorno «del Signore».

 

E. Ascolto del Magistero


La famiglia che sa sospendere il flusso continuo del tempo e si prende una sosta per fare memoria grata dei benefici ricevuti dal suo Signore si esercita ad entrare nel riposo di Dio. La famiglia chiamata a riposare nel Signore sa riorientare la dispersione dei giorni verso il giorno della gratitudine. Sa convertire l’attesa dei giorni nell’unica attesa del Giorno del Signore. Torna come il lebbroso risanato a rendere grazie al suo Signore per la salvezza di tutti. Con l’insistenza della sua intercessione abbrevia il tempo dell’attesa dell’ottavo giorno, per il quale lo Sposo promette alla sposa: «Sì, vengo presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù (Ap 22,20).


Ricordati del giorno di sabato


Il comandamento del Decalogo con cui Dio impone l’osservanza del sabato ha, nel Libro dell’Esodo, una formulazione caratteristica: «Ricordati del giorno di sabato per santificarlo» (20,8) . E più oltre il testo ispirato ne dà la motivazione richiamando l’opera di Dio: «perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perché il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro» (v. 11) . Prima di imporre qualcosa da fare, il comandamento segnala qualcosa da ricordare. Invita a risvegliare la memoria di quella grande e fondamentale opera di Dio che è la creazione. E memoria che deve animare tutta la vita religiosa dell’uomo, per confluire poi nel giorno in cui l’uomo è chiamato a riposare. Il riposo assume così una tipica valenza sacra: il fedele è invitato a riposare non solo come Dio ha riposato, ma a riposare nel Signore, riportando a lui tutta la creazione, nella lode, nel rendimento di grazie, nell’intimità filiale e nell’amicizia sponsale.
Il tema del «ricordo» delle meraviglie compiute da Dio, in rapporto al riposo sabbatico, emerge anche nel testo del Deuteronomio (5, 12-15), dove il fondamento del precetto è colto non tanto nell’opera della creazione, quanto in quella della liberazione operata da Dio nell’Esodo: «Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato » (Dt 5, 15).
Questa formulazione appare complementare alla precedente: considerate insieme, esse svelano il senso del «giorno del Signore» all’interno di una prospettiva unitaria di teologia della creazione e della salvezza. Il contenuto del precetto non è dunque primariamente una qualunque interruzione del lavoro, ma la celebrazione delle meraviglie operate da Dio.
Nella misura in cui questo «ricordo», colmo di gratitudine e di lode verso Dio, è vivo, il riposo dell’uomo, nel giorno del Signore, assume il suo pieno significato. Con esso, l’uomo entra nella dimensione del «riposo» di Dio e ne partecipa profondamente, diventando così capace di provare un fremito di quella gioia che il Creatore stesso provò dopo la creazione, vedendo che tutto quello che aveva fatto «era cosa molto buona» (Gn 1, 31). [Dies Domini, 16s.]

 

F. Domande per il dialogo di coppia e in gruppo


Domande per la coppia
  1. Come viviamo lo stile della domenica nella nostra famiglia?
  2. La nostra domenica è un giorno di «riposo nel Signore»?
  3. 3.     Per la Bibbia la festa è tempo di libertà interiore, di ascolto reciproco e di prossimità familiare: com’è l’atmosfera domestica nel giorno di domenica?
  4. L’incontro con Dio e con l’altro è il cuore della festa: la nostra domenica pone veramente al centro la celebrazione di Dio e il tempo per gli altri?
Domande per il gruppo familiare e la comunità
  1. Quali sono nella società attuale gli stili di vita della festa e del tempo libero?
  2. Quali esperienze propongono le comunità cristiane per vivere la domenica come un tempo per Dio e per gli altri?
  3. La parrocchia e le aggregazioni ecclesiali aiutano a «fare la domenica»: quali iniziative si possono mettere in atto?
  4. In che modo la celebrazione domenicale può divenire il «roveto ardente» che aiuta a ritrovare il senso di Dio?

G. Un impegno per la vita familiare e sociale


H. Preghiere spontanee. Padre Nostro


I. Canto finale

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