III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA LE SFIDE PASTORALI SULLA FAMIGLIA NEL CONTESTO DELL’EVANGELIZZAZIONE INSTRUMENTUM LABORIS - Capitolo II La chiesa e la famiglia di fronte alla sfida educativa
Capitolo II
La Chiesa e la famiglia di fronte alla sfida educativa
a) La sfida educativa in genere
La sfida educativa e la famiglia oggi
132. Le sfide che la famiglia deve affrontare in ambito educativo sono molteplici; spesso, i genitori si sentono impreparati davanti a questo compito. Il Magistero recente ha insistito sull’importanza dell’educazione, per la quale i coniugi ricevono anche una grazia singolare nel loro matrimonio. Nelle risposte ed osservazioni, si è sottolineato che l’educazione deve essere integrale, suscitando la grande domanda sulla verità, che può guidare nel cammino della vita (cf. Benedetto XVI, Discorso del 21 gennaio 2008), e che nasce sempre all’interno di un amore, a cominciare dell’esperienza di amore che vive il figlio accolto dai genitori (cf. Benedetto XVI, Discorso del 23 febbraio 2008). L’educazione consiste in una introduzione ampia e profonda nella realtà globale e in particolare nella vita sociale, ed è responsabilità primaria dei genitori, che lo Stato deve rispettare, custodire e promuovere (cf. GE 3; FC 37). Papa Francesco ha sottolineato l’importanza dell’educazione nella trasmissione della fede: «I genitori sono chiamati, secondo una parola di sant’Agostino, non solo a generare i figli alla vita, ma a portarli a Dio affinché, attraverso il battesimo, siano rigenerati come figli di Dio e ricevano il dono della fede» (LF 43).
Trasmissione della fede e iniziazione cristiana
133. L’azione pastorale della Chiesa è chiamata ad aiutare le famiglie nel loro compito educativo, a cominciare dall’iniziazione cristiana. La catechesi e la formazione parrocchiale sono strumenti indispensabili per sostenere la famiglia in questo compito educativo, in particolare in occasione della preparazione a battesimo, cresima ed Eucaristia. A fianco della famiglia e della parrocchia, si evidenzia la fecondità della testimonianza dei movimenti di spiritualità familiare e delle aggregazioni laicali, all’interno delle quali tende sempre più a svilupparsi un “ministero di coppia”, dove i formatori delle famiglie portano avanti la crescita della Chiesa domestica attraverso incontri personali e tra famiglie, soprattutto curando la preghiera.
134. L’educazione cristiana in famiglia si realizza, anzitutto, attraverso la testimonianza di vita dei genitori nei confronti dei figli. Alcune risposte ricordano che il metodo di trasmissione della fede non muta nel tempo, pur adattandosi alle circostanze: cammino di santificazione della coppia; preghiera personale e familiare; ascolto della Parola e testimonianza della carità. Là dove si vive questo stile di vita, la trasmissione della fede è assicurata, anche se i figli sono sottoposti a pressioni di segno opposto.
Alcune difficoltà specifiche
135. La sfida dell’educazione cristiana e della trasmissione della fede è spesso segnata, in molti Paesi, dal profondo cambiamento del rapporto tra le generazioni, che condiziona la comunicazione dei valori nella realtà familiare. In passato, questo rapporto stava alla base di una vita di fede condivisa e comunicata come patrimonio tra una generazione e l’altra. Tutti gli episcopati, e tante osservazioni, rilevano i profondi mutamenti a tale proposito, e il loro influsso sulla responsabilità educativa della famiglia; anche se è inevitabile notare delle differenziazioni a seconda degli elementi tradizionali ancora presenti nella propria società o degli sviluppi dei processi di secolarizzazione. Gli episcopati dell’Europa occidentale ricordano come, negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, vi sia stato un forte conflitto generazionale. Oggi, anche forse sotto il condizionamento di quelle esperienze, i genitori appaiono molto cauti nello spingere i figli alla pratica religiosa. Proprio in questo campo si cerca di evitare conflitti, piuttosto che di affrontarli. Inoltre, sui temi religiosi, gli stessi genitori si sentono spesso insicuri, cosicché proprio nel trasmettere la fede essi restano spesso senza parole e delegano questo compito, anche se lo ritengono importante, ad istituzioni religiose. Questo sembra attestare una fragilità degli adulti e soprattutto dei giovani genitori a trasmettere con gioia e convinzione il dono della fede.
136. Si rileva dalle risposte come le scuole cattoliche, nei loro diversi livelli, svolgano un ruolo importante nella trasmissione della fede ai giovani e siano di grande aiuto al compito educativo dei genitori. Si raccomanda che esse vengano incrementate e sostenute da tutta la comunità ecclesiale. Ciò risulta particolarmente rilevante in quelle situazioni in cui lo Stato è particolarmente invasivo nei processi educativi, cercando di esautorare la famiglia dalla propria responsabilità educativa. In tal senso, la scuola cattolica esprime la libertà di educazione, rivendicando il primato della famiglia come vero soggetto del processo educativo, a cui le altre figure in gioco nell’educazione devono concorrere. Si chiede una maggiore collaborazione tra famiglie, scuole e comunità cristiane.
137. Il compito della famiglia nella trasmissione ed educazione alla fede è sentito ancora più importante nelle regioni in cui i cristiani sono minoritari, come viene ricordato dagli episcopati del Medio Oriente. Un’esperienza dolorosa viene segnalata nelle risposte provenienti dai Paesi dell’Europa dell’Est: le generazioni più anziane hanno vissuto la vita nel socialismo, avendo ricevuto i fondamenti cristiani prima dell’avvento di quel regime. La giovane generazione, invece, è cresciuta in un clima postcomunista, segnato da forti processi di secolarizzazione. Tutto ciò ha negativamente condizionato la trasmissione della fede. Le giovani generazioni, comunque, sono sensibili soprattutto all’esempio e alla testimonianza dei genitori. In genere, le famiglie che partecipano ai movimenti ecclesiali sono quelle più attive nel cercare di trasmettere la fede alle nuove generazioni. In alcune risposte, si trova un certo paradosso educativo riguardo alla fede: in diverse realtà ecclesiali non sono i genitori a trasmettere la fede ai figli, ma viceversa, sono i figli che, abbracciandola, la comunicano a genitori che da tempo hanno lasciato la pratica cristiana.
b) L’educazione cristiana in situazioni familiari difficili
138. Se la trasmissione della fede e l’educazione cristiana risultano inseparabili dall’autentica testimonianza di vita, si comprende come le situazioni difficili in seno al nucleo familiare acuiscano la complessità del processo educativo. In tal senso, una maggiore attenzione pastorale circa l’educazione cristiana va rivolta a quelle realtà familiari i cui figli possono particolarmente risentire della situazione dei genitori, definita come irregolare. A questo proposito si auspica l’utilizzo di espressioni che non diano la percezione di una distanza, ma di un’inclusione; che possano maggiormente trasmettere accoglienza, carità e accompagnamento ecclesiale, in modo da non generare, soprattutto nei bambini e nei ragazzi coinvolti, l’idea di un rifiuto o di una discriminazione dei loro genitori, nella consapevolezza che “irregolari” sono le situazioni, non le persone.
Una visione generale della situazione
139. Il panorama attuale dell’educazione è alquanto complesso e mutevole. Ci sono regioni in cui la fede cattolica continua a ricevere un alto consenso, ma dove il numero di bambini e ragazzi nati e cresciuti in famiglie regolari è in netta decrescita. In altre regioni le Chiese particolari devono affrontare altre sfide educative in un contesto in cui le convivenze extra-matrimoniali, l’omosessualità o i matrimoni civili non sono permessi. Sebbene con gradi diversi, tuttavia, la Chiesa incontra queste situazioni difficili o irregolari ormai ovunque. Questo fenomeno, anche là dove è ancora consistente la presenza di nuclei biparentali regolarmente uniti col matrimonio religioso, è in aumento.
140. Dalle risposte, emergono tre elementi a proposito delle situazioni irregolari e della loro incidenza sull’educazione. Circa le unioni fra persone dello stesso sesso, dalle risposte si evince che questa realtà, ancora circoscritta a Paesi “liberal-progressisti”, al momento, non suscita interrogativi pastorali specifici. Su alcune indicazioni pastorali si è già fatto cenno al termine della II parte. Un secondo elemento da considerare è l’attuale esistenza e l’accrescersi di nuclei monoparentali: spesso si tratta di madri con figli minorenni a carico, in contesti di povertà. Il fenomeno interpella soprattutto le sensibilità delle Chiese dell’America Latina e dell’Asia dove, non di rado, queste mamme sono costrette a delegare l’educazione dei figli al clan familiare. In terzo luogo, ha una grande rilevanza, nel Sud del mondo, il fenomeno dei “bambini di strada”, lasciati a se stessi da genitori in difficoltà, orfani per la morte violenta dei genitori, talvolta affidati ai nonni.
Le richieste rivolte alla Chiesa
141. In linea generale, dall’analisi delle risposte, si ricava l’idea che i genitori in situazioni irregolari si rivolgono alla Chiesa con atteggiamenti molto differenti, a seconda dei sentimenti e delle motivazioni che li animano. Vi è chi nutre molto rispetto e fiducia verso la Chiesa e, al contrario, chi mostra un atteggiamento negativo a causa della vergogna provata per le scelte fatte, o chi esita ad avvicinarsi per paura di essere respinto o marginalizzato. Mentre taluni ritengono che la comunità ecclesiale li possa comprendere ed accogliere benevolmente, malgrado i loro fallimenti e le difficoltà, altri giudicano la Chiesa un’istituzione che s’intromette troppo nello stile di vita delle persone, oppure sono convinti che essa sia una sorta di tutore che deve garantire educazione e accompagnamento, ma senza avanzare troppe pretese.
142. La principale e più diffusa richiesta, che i genitori in queste situazioni di vita rivolgono alle Chiese particolari, è quella dell’amministrazione dei sacramenti ai figli, specialmente il battesimo e la prima comunione, con una difficoltà netta, però, a riservare la debita importanza e il giusto valore alla formazione religiosa e alla partecipazione alla vita parrocchiale. Molti sanno che la catechesi è un prerequisito per ricevere i sacramenti, ma più che un’opportunità la ritengono un obbligo, una formalità o un compromesso da accettare perché il figlio possa ricevere ciò che è stato chiesto. Le risposte fanno notare che di frequente si riscontrano reticenza e disinteresse da parte dei genitori nei confronti del percorso di preparazione cristiana proposto dalle comunità. L’esito è che sovente i genitori, se possono, evitano di partecipare ai cammini previsti per i figli e per loro, giustificandosi con ragioni di tempo e di lavoro, mentre spesso si tratta di noncuranza e di ricerca di soluzioni più comode o rapide. Talvolta essi manifestano anche atteggiamenti negativi di fronte alle richieste dei catechisti. In altri casi, è palese la loro indifferenza, perché permangono sempre passivi nei confronti di qualsiasi iniziativa, e non si coinvolgono nell’educazione religiosa del figlio.
143. Ciò che emerge dall’analisi dei dati è che moltissimi di questi genitori, come del resto una buona porzione di genitori cattolici regolarmente sposati, chiedono per i figli l’iniziazione ai sacramenti per non venire meno ad un’abitudine, a un costume tipico della società. Il sacramento rappresenta ancora per molti una festa tradizionale, che essi chiedono più per conformazione ad una consuetudine familiare e sociale, che per convinzione. Tuttavia vi sono genitori che desiderano sinceramente trasmettere la fede ai figli, e per questo si affidano agli itinerari di formazione che la parrocchia propone in vista dell’amministrazione dei sacramenti. Talvolta essi stessi chiedono di essere aiutati ad uscire dalle situazioni che li rendono fragili, sono disposti a iniziare un autentico cammino di spiritualità e desiderano partecipare attivamente alla vita della Chiesa, lasciandosi coinvolgere nel percorso catechetico-sacramentale dei figli. Non sono rari i casi in cui i genitori riscoprono la fede in modo più genuino, qualche volta arrivando fino a chiedere il matrimonio dopo anni di convivenza.
144. Dalle risposte sono stati censiti anche altri generi di richieste, che i genitori in situazioni irregolari presentano alla Chiesa. In particolari realtà culturali, capita che essi domandino i sacramenti per i figli per motivi di superstizione o per evitare il permanere nel paganesimo. In altre circostanze essi si rivolgono ai sacerdoti locali semplicemente per poter ricevere un sostegno economico ed educativo. Diminuisce generalmente la richiesta della Confermazione per i propri figli, soprattutto nei Paesi più secolarizzati. Si diffonde l’idea che sia bene accordare ai ragazzi la libertà e la responsabilità di cominciare il percorso di iniziazione alla vita cristiana. Una difficoltà si presenta quando i genitori divorziati sono in disaccordo riguardo al percorso di iniziazione cristiana del figlio; in questi casi, la Chiesa è chiamata ad assumere un ruolo di mediazione importante, attraverso la comprensione e il dialogo.
145. Per quanto riguarda la richiesta dell’insegnamento della religione cattolica ai propri figli, dalle risposte e dalle osservazioni pervenute, s’individuano due tipologie. Da un lato vi sono casi in cui è possibile richiedere di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica a scuola, al di là della catechesi parrocchiale. Optano per tale richiesta, in genere, anche i genitori che vivono in situazioni irregolari e, specie in Europa, molti tra i non cattolici o i non battezzati. Nel corso degli ultimi anni, in alcune aree di Paesi europei, si è accresciuto il numero degli iscritti all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche. Dall’altra parte, vi sono alcuni sistemi scolastici di base (come quello australiano), che offrono la possibilità di una buona educazione alla fede ed istruzione religiosa. In questi casi, molti genitori in situazioni irregolari, quando il figlio è battezzato, si avvalgono facilmente della possibilità di seguire i programmi di formazione cristiana offerti dalla stessa scuola, che preparano a ricevere i sacramenti senza dover prendere parte ai percorsi di catechesi parrocchiale. Altra ancora è la realtà delle scuole cattoliche e collegi cattolici presenti e attivi in tutti i continenti. Ad essi, i figli di genitori in situazioni irregolari possono iscriversi senza pregiudiziali. In effetti, risulta che si rivolgono volentieri ad essi, principalmente perché sanno che riceveranno sostegno e collaborazione nell’opera educativa dei figli. In Africa, le scuole cattoliche costituiscono dei luoghi importanti per l’educazione cristiana dei bambini. È stata scarsamente affrontata, nelle risposte, la questione dell’incidenza dell’insegnamento della religione cattolica nel percorso di educazione alla fede. Si segnalano tentativi di lavoro congiunto tra catechesi parrocchiale, attività scolastiche e istruzione religiosa, lavorando maggiormente in questo campo. Questa sembra essere la via da favorire specialmente là dove l’insegnamento della religione cattolica si limita all’aspetto intellettuale.
Le risposte delle Chiese particolari
146. Le Chiese particolari si sono impegnate per accompagnare le famiglie e, con loro, anche le situazioni irregolari. Quando i genitori, di solito dopo un allontanamento dalla Chiesa, vi si avvicinano e chiedono alla comunità ecclesiale la preparazione sacramentale per i loro figli, l’approccio più proficuo registrato nelle risposte è quello dell’accoglienza senza pregiudizi. Ciò significa che il rispetto, l’apertura benevola e l’ascolto dei bisogni umani e spirituali si dimostrano attitudini fondamentali per creare un ambiente favorevole e adatto alla comunicazione del messaggio evangelico. Tra le esperienze ecclesiali efficaci e significative, finalizzate a sostenere il percorso di questi genitori, sono state evidenziate: le catechesi comunitarie e familiari; i movimenti di sostegno alla pastorale coniugale; le messe domenicali; le visite alle famiglie; i gruppi di preghiera; le missioni popolari; la vita delle comunità ecclesiali di base; i gruppi di studio biblico; le attività e la pastorale dei movimenti ecclesiali; la formazione cristiana offerta ai genitori dei bambini e dei ragazzi, che frequentano i numerosi collegi e i centri di educazione cattolica, soprattutto in America Latina. Molte volte sono i figli ad evangelizzare i genitori.
147. Nonostante quanto si è detto, non poche risposte notano che la pastorale attuale della Chiesa non sempre è in grado di accompagnare in modo adeguato queste specifiche realtà familiari. L’azione pastorale necessiterebbe di rinnovamento, di creatività e di gioia per essere più incisiva e propositiva nel creare un rapporto di osmosi tra formazione dei ragazzi, formazione alla fede dei genitori e vita comunitaria. Esistono nuove iniziative che si muovono in questa direzione: i momenti formativi, di preghiera e di ritiro, destinati ai genitori, spesso in contemporanea alla catechesi sacramentale dei figli; le “scuole per genitori”; i programmi catechetici sulla morale familiare e sessuale; l’opportunità di riunire più coppie di sposi in una medesima celebrazione del matrimonio (mass-marriage), per andare incontro anche al problema finanziario, che talvolta rallenta e scoraggia la richiesta del matrimonio, come ad esempio in Nigeria e Sud Africa. Alcuni rilevano che si tratta, comunque, di offerte ancora non pienamente strutturate.
148. Dalle risposte ai questionari emerge che, se da un lato l’accompagnamento dei genitori dipende dalla disponibilità a lasciarsi coinvolgere e guidare, la loro cura nasce principalmente dal senso di responsabilità, dalla sollecitudine dei sacerdoti locali e dalla loro capacità di coinvolgere il più possibile l’intera comunità parrocchiale. Nelle parrocchie tedesche, per esempio, sia i bambini che i genitori sono seguiti da un gruppo di catechisti che li accompagnano lungo tutto il percorso catechistico. Nelle grandi città sembra più complesso riuscire ad attuare un approccio pastorale personalizzato. In ogni caso, rappresenta una sfida la possibilità di avvicinare con profonda attenzione queste sorelle e fratelli, di seguirli, di ascoltarli, di aiutarli ad esprimere le domande che stanno loro a cuore, di proporre un itinerario che possa far rinascere il desiderio di un approfondimento della relazione con il Signore Gesù, anche mediante autentici legami comunitari. Andrebbero incentivate le iniziative già esistenti, come quella promossa da alcune Conferenze Episcopali sudamericane, che producono e offrono sussidi formativi per aiutare questi genitori nell’educazione dei figli.
149. Le Chiese particolari sanno bene che non sono i bambini o i ragazzi ad aver colpa delle scelte o del vissuto dei propri genitori. Ovunque, perciò, i figli sono accolti senza distinzioni rispetto agli altri, con lo stesso amore e la stessa attenzione. L’offerta formativa cristiana che viene loro proposta non si differenzia dalle iniziative di catechesi e di attività pastorale rivolte ai ragazzi dell’intera comunità: la catechesi; le scuole di preghiera; l’iniziazione alla liturgia; i gruppi, specialmente l’infanzia missionaria in America Latina; le scuole di teatro biblico e i cori parrocchiali; le scuole e i campi parrocchiali; i gruppi giovanili. Si fa notare che non ci sono attività speciali che possano essere di sostegno a questi bambini per rimarginare o elaborare le loro ferite. Si auspica la promozione di itinerari a loro favore, l’organizzazione di percorsi di sostegno, specialmente nel periodo difficile della separazione e del divorzio dei genitori, momento in cui devono poter continuare a sperare nei legami familiari nonostante il fatto che i genitori si separino. In una diocesi nord-europea, in cui il tasso di bambini figli di divorziati è molto alto, per andare incontro ai problemi di queste realtà familiari e alla fatica dei ragazzi, che nei fine settimana non possono sempre partecipare alla catechesi, alcuni parroci organizzano la catechesi a fine settimana alterni, così che i bambini possano sempre partecipare, senza sentirsi diversi.
150. Oltre che dalle parrocchie, dalle associazioni e dai movimenti, un apporto valido è offerto a questi genitori e ai loro figli dall’apostolato degli istituti religiosi femminili, soprattutto là dove vi sono forme di estrema povertà, di intolleranza religiosa o di sfruttamento della donna; dall’Opera della Propagazione della Fede che contribuisce all’educazione e formazione cristiana di bambini, anche di quelli con genitori in situazioni irregolari, tramite sussidi ordinari e straordinari.
Tempi e modi dell’iniziazione cristiana dei bambini
151. Per l’iter di preparazione ai sacramenti e per la pratica sacramentale ci si attiene a quanto indicato dalle norme canoniche, dalle Conferenze Episcopali e dalle linee direttive diocesane. Non è previsto un cammino di preparazione alternativo a quello dei figli di famiglie regolari. Pertanto, in linea di massima, si segue il percorso classico che prevede la preparazione al sacramento del battesimo mediante incontri con i genitori; ad esso segue la catechesi ordinata e progressiva secondo l’età per la preparazione, in circa tre o quattro anni, agli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana, sempre se i genitori chiedono che i figli li possano ricevere. Dopo la confermazione, in alcune diocesi, il percorso formativo prosegue con esperienze pastorali come la solenne professione di fede e specifiche iniziative per i gruppi giovanili. In generale, dopo la confermazione, si assiste sia a un brusco calo nella frequenza, imputato talora ad una catechesi poco adatta ai giovani, sia all’abbandono della pratica sacramentale, da attribuire alle scarse motivazioni personali. Ciò conferma il mancato ancoraggio alla fede e la mancanza di accompagnamenti personalizzati. Le variazioni che intercorrono tra le Chiese particolari e le diverse Chiese Orientali Cattoliche, in merito a questi temi, possono essere legate all’ordine in cui i sacramenti vengono amministrati, all’età in cui possono essere ricevuti, oppure all’organizzazione dei programmi catechistici, oltre che a scelte pastorali che dovrebbero incoraggiare ed aprire vie nuove di accompagnamento.
152. Vi è chi sostiene l’impegno a celebrare i sacramenti non ad un’età fissata in anticipo, ma tenendo conto della maturità spirituale dei ragazzi, sebbene tale pratica non di rado susciti difficoltà tra i genitori. In altri casi, i bambini di famiglie costituite irregolarmente ricevono il battesimo dopo tre-quattro anni di catechesi, all’età in cui i loro compagni sono ammessi alla prima comunione, come ad esempio stabilito da alcune Conferenze Episcopali africane. Quando i genitori chiedono il battesimo per i figli, ma si trovano in situazione di convivenza, vi sono Chiese in cui si opta per un accompagnamento personale dei genitori prima di amministrare il sacramento ai piccoli, con istruzioni che li guidano a riaccostarsi ai sacramenti, fino alla celebrazione del matrimonio. Solo dopo alcuni anni anche i figli riceveranno il battesimo. Questa prassi è attestata in alcuni Paesi africani e arabi. In altri Paesi il rigorismo pastorale circa il livello morale della vita dei genitori comporterebbe il rischio di negare ingiustamente i sacramenti ai bambini e fare discriminazione ingiusta tra diverse situazioni moralmente inaccettabili (punire per esempio i bambini per l’invalidità del matrimonio dei genitori, ma non prendere in considerazione la situazione di quelli che vivono di delinquenza e di sfruttamento). Sono pochi i casi in cui si fa riferimento al catecumenato per i bambini.
Alcune difficoltà specifiche
153. Le difficoltà che si rilevano a proposito della pratica sacramentale sollevano l’attenzione su aspetti delicati e nodi problematici per la prassi delle Chiese particolari. In relazione al sacramento del battesimo si denuncia, per esempio, l’atteggiamento di tolleranza con cui, a volte, viene amministrato ai figli di genitori in situazioni irregolari, senza percorsi formativi. Sullo stesso tema, si registrano casi in cui è stato rifiutato il percorso di iniziazione cristiana, perché uno dei due genitori era in situazione irregolare. Compare più volte, nelle risposte, il riferimento al forte disagio di genitori per non poter accedere al sacramento della penitenza e dell’Eucaristia, mentre i bambini sono invitati a partecipare ai sacramenti. Tale disagio è vissuto in proporzione alla comprensione o meno del senso della non ammissione, percepito solo in termini negativi, oppure all’interno di un possibile percorso di guarigione.
Alcune indicazioni pastorali
154. Appare sempre più necessaria una pastorale sensibile, guidata dal rispetto di queste situazioni irregolari, capace di offrire un fattivo sostegno all’educazione dei figli. Si avverte la necessità di un accompagnamento migliore, permanente e più incisivo verso i genitori che vivono queste situazioni. Poiché è alto il numero di quanti si riaffacciano alla fede in occasione della preparazione ai sacramenti dei figli, bisognerebbe pensare a livello locale ad opportuni cammini di riscoperta e di approfondimento della fede, che richiederebbero un’adeguata preparazione e una conveniente azione pastorale. Una segnalazione significativa è quella circa la ricomprensione del valore e del ruolo che assumono il padrino o la madrina nel cammino di fede dei bambini e dei ragazzi. I suggerimenti che provengono su questo tema spaziano dalla necessità di ripensare ai criteri per la loro scelta, resa sempre più complessa dal crescente numero di persone in situazioni irregolari, alla necessità di incentivare o rendere attiva la catechesi ai genitori e ai padrini e alle madrine, considerando l’alta percentuale di quanti non hanno neppure consapevolezza del significato del sacramento. Un accompagnamento pastorale specifico dovrà essere dedicato ai matrimoni misti e di disparità di culto, che spesso incontrano difficoltà rilevanti nell’educazione religiosa dei figli.
155. Ci si chiede, da parte delle Conferenze Episcopali, se non sia possibile avviare in ogni comunità cristiana coppie di sposi che possano seguire e sostenere il percorso di crescita delle persone interessate in maniera autentica, come madrine e padrini idonei. Nelle zone in cui i catechisti svolgono un ruolo importante e delicato, si suggerisce che vengano formati con più impegno e che siano scelti con maggior discernimento, giacché destano divisioni e perplessità i casi di catechisti che vivono in situazioni di irregolarità matrimoniale. Si rileva che la Chiesa dovrebbe prendere in considerazione maggiormente la qualità dell’offerta catechistica, e si chiede una formazione migliore ai catechisti, perché siano testimoni dalla vita credibile. Si fa notare la necessità di una più profonda necessità della preparazione ai sacramenti mediante l’evangelizzazione delle persone: occorrerebbe lavorare di più per una iniziazione alla fede e alla vita. Si chiede che sia garantita una pastorale appropriata ai genitori compresi nella fascia che va dal battesimo alla prima comunione del figlio. Si propone di organizzare, a livello di decanati-vicariati, degli incontri per chi vive o si trova ad affrontare problematiche familiari, ed insieme è chiamato ad educare alla fede i figli.
156. Le scuole cattoliche hanno una grande responsabilità verso questi bambini, ragazzi, giovani, figli di coppie in situazioni irregolari, che sono ormai presenti in numero elevato in esse. Al riguardo, la comunità educativa scolastica dovrebbe sempre più supplire al ruolo familiare creando un’atmosfera accogliente, capace di mostrare il volto di Dio. Si auspica, comunque, che la preparazione ai sacramenti si realizzi mediante una effettiva collaborazione tra la parrocchia e la scuola cattolica, per rafforzare il senso di appartenenza alla comunità. Si chiede che possano essere incentivati a tutti i livelli ecclesiali i cammini di educazione e formazione all’amore, all’affettività e alla sessualità per i bambini, i ragazzi e i giovani. La proposta di nuovi modelli di santità coniugale potrebbe favorire la crescita delle persone all’interno di un tessuto familiare valido, nelle sue trame di protezione, di educazione e d’amore.
157. Nei casi di alcune delle situazioni difficili, ad esempio di coppie di rifugiati o di migranti, la Chiesa dovrebbe offrire anzitutto un supporto materiale e psicologico, aiutando l’istruzione e la prevenzione degli abusi o sfruttamenti dei minori. Nel caso dei “nomadi”, che in genere chiedono il sacramento del battesimo per i loro figli, le Chiese particolari dovrebbero impegnarsi più intensamente per un accompagnamento spirituale della famiglia, perché possa completarsi l’intero arco di iniziazione cristiana.