LETTERA PASTORALE IL CAMPO E' IL MODO 2013-2014 - 3. Il campo è il mondo
3 IL CAMPO E' IL MONDO
a) Dio viene al nostro incontro
Il Figlio dell'uomo semina il seme buono nel campo che è il mondo. Questo significa che tutto dell'uomo e tutti gli uomini sono interlocutori di Gesù. Come comunicare che la fede è un dono al la portata di tutti? Come mostrare allora che non vi è opposizione tra fede e ragione, le due ali dell'umana, inesausta ricerca? Come superare la diffidenza, in molti diffusa, verso la fede e la Chiesa? A questi interrogativi Papa Francesco ha dato una risposta semplice e diretta: «La fede nasce nell'incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi ... La fede ... appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo» (Lumen fidei 4).
La parola decisiva di questo passaggio dell'enciclica è la parola "incontro': La fede cristiana nasce dall'incontro con il Dio vivente che viene prima di ogni nostra iniziativa, perché ci chiama alla vita e ci dona il suo amore. Di tale chiamata il Papa descrive poi i frutti: occhi nuovi, una promessa di pienezza, lo sguardo sul futuro, luce per la strada ... Tutta la vita dell'uomo ha l'andamento di una risposta alla chiamata di Dio perché è, in se stessa, vocazione. Per questo possiamo dire che Gesù è /'Evangelo dell'umano: è la buona notizia per tutto l'uomo e per tutti gli uomini, che vi trovano la strada per il compimento (<<Se vuoi essere perfetto» Mt 19,21).
Gesù Cristo vivente si offre alla nostra libertà nella forma familiare di un incontro umano: la fede è riconoscerLo. «Allora - diceva il Santo Padre ai giovani nella festa di accoglienza a Rio lo scorso 25 luglio - lo nostra esistenza si trasforma, il nostro modo di pensare e di agire si rinnova, diventa il modo di pensare e di agire di Gesù, di Dio».
b) Una trama di relazioni
Noi non siamo uomini e donne isolati gli uni dagli altri, ma viviamo, fin dall'istante del nostro concepimento, in re lazione. Ebbene, Dio ha voluto entrare nella storia come uno di noi e cambiare la vita degli uomini attraverso una trama di re lazioni nata dall'incontro con Lui. Dopo l'incontro con Gesù di Nàzaret nulla fu più come prima nella vita dei discepoli. Mentre lo ascoltavano, camminavano con Lui per le strade di Galilea, lo vedevano abbracciare i peccatori e guarire gli ammalati, condividevano le loro giornate con Lui. .. insomma dalla convivenza con Gesù ebbe inizio una storia ininterrotta di rapporti umani, che ha raggiunto anche noi, in cui Dio stesso si comunica da Libertà a libertà.
Il dono di questa inaudita novità si mostra nella sua capacità di comunicarsi lungo il tempo e lo spazio per raggiungere ogni uomo e ogni donna, in una relazione vivente e personale capace di trasformare l'esistenza di ogni giorno (traditio). Si tratta, quindi, di coltivare questa relazione, di rimanere attaccati a questo incontro con il Dio vivente, lasciandoci guarire dall'illusione della nostra autosufficienza per riconoscere con umiltà l'imponenza di Dio nella umana esistenza.
Commossi dal suo amore gratuito anche noi decidiamo di vivere tutto in relazione con Lui. Qui sta, infatti, la sorgente della pace: nell'ordinato e permanente rapporto con Dio, con gli altri e con noi stessi. Scopriamo in tal modo che la fede non è nemica dell'apertura totale al la rea ltà. Non toglie nulla all'umana avventura, anzi offre ia piena possibilità di compierla.
Dio venuto nella carne povera degli uomini la avvolge di una luce nuova, capace di dare senso ad ogni aspetto della vita quotidiana.
Quando la proposta cristiana ritrova questa semplicità rad ica le si documenta veramente come l'Evangelo (la buona notizia) dell'umano.
c) II mondo, dimora degli uomini
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito » (Gv 3,16). Per questo il Vangelo entra pazientemente nel tempo e nello spazio attraversando tutta la condizione umana fin nelle sue periferie più remote, senza paura di mischiarsi con la zizzania, con quanto è segnato dal male. Il mondo che Gesù chiama "il campo" chiede di essere pensato come il luogo in cui ogni uomo e ogni donna possono rispondere al loro desiderio di felicità. Sono ben consapevole che nello stesso Vangelo di Giovanni la parola "mondo" è usata anche in senso negativo, come l'ambito dell'estraneità o della vera e propria ostilità a Cristo (cf. Gv 15,18; 17,9). Eppure anche per questo mondo Gesù è morto e risorto.
Il mondo si presenta allora come una realtà dinamica, fatta dalla vita delle persone e dalle loro relazioni, dalle circostanze e dalle situazioni in cui sono immerse. In questo senso, esso è costituito da tutti gli ambiti dell'esistenza quotidiana degli uomini e delle donne: famiglie, quartieri, scuole, università, lavoro in tutte le sue forme, modalità di riposo e di festa, luoghi di sofferenza, di fragilità, di emarginazione, luoghi di condivisione, ambiti di edificazione culturale, economica e politica ... In sintesi, il mondo è la "città degli uomini" in tutte le sue manifestazioni.
d) I cardini dell'esistenza quotidiana
Il buon seme è chiamato a diventare grano, a mostrare tutta la sua potenza salvifica rendendoci veramente"figli del Regno': La fede cristiana mostra a tutti gli uomini la sua universale fecondità aprendo la libertà a tutte le dimensioni dell'esistenza. Esse si possono, con buona approssimazione, sintetizzare in tre elementi comuni all'umana esperienza di ogni tempo e di ogni luogo: affetti, lavoro e riposo.
Affetti
Ognuno di noi non si è fatto da sé e non basta a se stesso. Perciò, per parlare in modo adeguato del soggetto, non è sufficiente dire io, ma bisogna dire io-in-relazione. E ogni relazione mobilita gli affetti.
Oggi come sempre gli affetti sono decisivi. Le persone chiedono di essere definitivamente amate per poter amare definitivamente. Infatti l'amore, soprattutto quello tra l'uomo e la donna, è per-sempre e apre alla fecondità. E questo perché gli affetti sono orientati al bene dell'altro. Solo se si ama l'a ltro per se stesso l'amore affettivo diventa effettivo.
Nelle diverse età della vita i legami d'affetto possono decidere della felicità o dell'infelicità di ogni persona. L'affetto che non raggiunge l'amore oggettivo, ma si riduce all'angustia del puro sentimento, introduce un fattore di fragilità e di provvisorietà di ogni rapporto. L'infelicità degli affetti inaffidabili infesta il campo come la zizzania, anche se non riesce a soffocare il desiderio del bell'amore.
Lavoro
Oggi la situazione del lavoro è talmente drammatica da scoraggiare ogni discorso che non parta dalla denuncia e dalla protesta. E l'allarme è pienamente motivato. La giustizia ci impone di cercare indomabilmente scelte politiche ed interventi legislativi tesi a favorire una ripresa economica che offra prospettive occupazionali a tutti, speranza ai giovani, serenità alle famiglie, assistenza ai più deboli. Sappiamo bene quanto sia insufficiente e, alla lunga, frustrante protestare per una situazione iniqua senza intravvedere la strada per uscirne.
La fame di lavoro può anche indurre a censurare altri aspetti, quali, per esempio, il rischio che si instaurino forme di precarietà e di sfruttamento ingiustificate, che si trascurino attenzioni per la sicurezza, che si evitino domande sulla qualità etica di ciò che si produce, che ci siano poteri incontroilati - come spesso avviene con la finanza - , che possono decretare il benessere o la povertà, fi no alla miseria, di molti senza rendere conto a nessuno.
Il lavoro è un bene ed è un bene comune, fattore decisivo per il benessere non solo economico della nostra società. Non dimentichiamo, però, che si tratta sempre di lavoro dell'uomo, un contesto in cui le persone si incontrano, talora si scontrano, collaborano, talora si ostacolano, producono beni, talora anche danni e problemi. Il primato dell'uomo, soggetto del lavoro, va continuamente affermato e difeso soprattutto nel contesto di globalizzazione in cui siamo inseriti.
Il lavoro è fattore essenziale, non accessorio, per la dignità dell'uomo e la piena realizzazione della sua personalità.
Riposo
Quello al riposo è un diritto-dovere codificato fin dall'antichità. È una delle Dieci parole, è tra i primi comandamenti che Dio dà al l'uomo: «Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno ... tu non farai alcun lavoro . ... Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e lo terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno» (Es 20,9-11). E lo Statuto dei lavoratori, in tutte le società avanzate, sancisce il diritto al riposo.
II riposo è il fattore di equilibrio tra gli affetti e il lavoro: in che senso? Oggi è davvero così? Nelle società del cosiddetto primo mondo, in cui viviamo, si ha spesso l'impressione che il moltiplicarsi del le opportunità di divertimento invece che "ricaricare" l'io finisca con l'esaurirlo ... E viene da chiedersi: è sufficiente ridurre i tempi del lavoro ed ampliare quelli del riposo perché ci sia una vera ri-creazione dell'io? In altri termini: tempo libero è sinonimo di tempo non occupato dal lavoro o di tempo del la libertà?
Il ritmo del la vita ha bisogno di riposo per il benessere fisico, per la serenità dell'animo, per l'equilibrio della persona e delle relazioni. L'esperienza umana ha riconosciuto il tempo del riposo come tempo dei desideri, possibilità di dedicarsi a tutto quello che è piacevole, che gratifica il corpo e la mente, che esprime gli affetti, che coltiva gli interessi, che allarga gli orizzonti.
Ma l'esperienza del riposo nel nostro tempo è in sidiata dalle tentazioni dell'individualismo e della trasgressione: modi di vivere il riposo che mortificano la persona spingendola nella solitudine o la rovinano rendendola schiava di pratiche o addirittura abitudini dannose.
Importanti implicazioni: fragilità, tradizione, giustizia
Il Convegno ecclesiale di Verona del 2006 ha riflettuto sugli ambiti della vita affettiva, del lavoro e della festa, della fragilità umana, della tradizione e della giustizia.
A ben vedere però questi ultimi sono implicati, mantenendo tutta la loro decisiva importanza, nei primi tre che sono quelli fondamentali per
descrivere l'esperienza originaria di ogni uomo.
Infatti, la fragilità umana in tutte le sue forme naturali (limite, disgrazia, sofferenza, malattia e morte) e morali (peccati persona li e strutture di peccato) mette alla prova l'esperienza affettiva, lavorativa e di riposo dell'uomo. Anche l'edificazione della vita buona, fondata nel la verità, nella giustizia, nel l'amore, nella libertà (cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris 18), chiede l'energico e diretto coinvolgimento di tutte e tre le dimensioni fondamentali affinché la tradizione, intesa come esperienza pratica, sia terreno su cui far fiorire il nuovo lasciando da parte il caduco.
Fragilità, tradizione e giustizia sono, quindi, importanti implicazioni delle tre dimensioni costitutive dell'esperienza comune ad ogni uomo. Sarà molto utile approfondirle con accurato riferimento al la riflessione svolta a Verona e, soprattutto, attraverso un'attenta verifica di come normalmente le viviamo.