Voce del Parroco Giugno 2011 - Dare un volto più umano alla vita quotidiana
Dare un volto più umano alla vita quotidiana dice Mons. Brambilla
Famiglia, lavoro e festa: sono queste le parole chiave del VII Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Milano dal 29 maggio al 3 giugno 2012. «Un trinomio – spiega monsignor Franco Giulio Brambilla, co-presidente del Comitato Teologico-pastorale per l’evento – che parte dalla famiglia per aprirla al mondo: il lavoro e la festa sono modi con cui la famiglia trasforma lo “spazio” sociale e rende vivibile il “tempo” umano». Un Incontro, questo VII, che non interesserà solo la Diocesi ambrosiana ma tutte le Chiese di Lombardia e che immediatamente propone una novità rispetto alle altre edizioni: la volontà di un cammino, di un percorso di avvicinamento “Verso Milano”, in cui le famiglie sappiano fare memoria e raccontare sia esperienze positive sia situazioni di crisi. «Il racconto – specifica Monsignor Brambilla – è lo strumento per eccellenza della memoria, perché permette di prendere distanza dagli eventi, di ricostruire così un filo rosso che li collega e, infine, di aprire finestre di speranza». La celebrazione dell’Incontro Mondiale metterà a fuoco tre modi di rendere vivibile la vita quotidiana: vivere le relazioni (la famiglia), trasformare il mondo (il lavoro) e umanizzare il tempo (la festa).
«La famiglia. Il cuore dell’Incontro risiede nella famiglia. Una prima necessità, soprattutto per i paesi globalizzati – continua Monsignor Brambilla – è sottrarre la famiglia al suo regime di “appartamento”. Quando Gesù mette casa tra noi, il suo è un modo sì di abitare lo spazio, ma anche le forme della vita. Per questo occorre mettere le case e le famiglie in rete; bisogna aprire la casa verso la società e, viceversa, bisogna che la società ritrovi casa attraverso le famiglie. La società non è una somma di individui ma il risultato di relazioni; una società che tesse la sua tela sull’ordito dei rapporti uomo-donna, genitori-figli, delle relazioni tra fratelli, ovvero sui soggetti che formano la trama della società civile. Tutto si sviluppa in famiglia; è lì che s’impara a vivere la casa come insieme di relazioni ed è quell’esperienza che influisce sui modi di vivere la società. In casa si trasmettono i valori fondamentali: la fiducia che la vita è buona perché ci è donata. La figura della madre, origine della vita, la sua gratuità nel donarci cura e presenza, è centrale in questo senso. La responsabilità: la vita ricevuta deve essere spesa e donata a nostra volta. E questo lo trasmette il padre, la voce che chiama, che ci proietta nel futuro, colui che si imita, il primo incontro con l’alterità. Infine, in casa, s’impara l’apertura al mondo grazie alla relazione con i fratelli; rapportandoci a loro impariamo a percepire l’altro non come minaccia ma come promessa». La Diocesi di Milano e il Pontificio Consiglio per la Famiglia hanno realizzato 10 catechesi, documento base dell’evento e della sua preparazione, testo di riflessione su cui orientare il cammino che ci porta all’Incontro, per illuminare l’intreccio tra l’esperienza della famiglia e la vita quotidiana nella società e nel mondo. «La famiglia abita il mondo con il lavoro e attraverso il lavoro il mondo stesso viene reso abitabile. Il lavoro inteso non solo come sostentamento ma anche come strumento d’identità. Per questo duplice aspetto, il lavoro crea anche situazioni di criticità: per l’uomo, perché la mancanza di lavoro è motivo di crisi identitaria; per la donna perché comporta difficoltà nella conciliazione con la gestione della casa; e per i giovani, perché la precarietà del lavoro rimanda l’incontro con il mondo e con la realtà». Ultima parola chiave del VII Incontro mondiale delle famiglie è la festa. «La famiglia umanizza il tempo con la festa; giorno in cui l’uomo dismette i panni del soggetto di produzione per diventare soggetto di liberi legami. Giorno, quello della festa, in cui cambiare passo per dare senso e umanizzare anche gli altri sei! Anche la festa presenta dei rischi: di ridursi al tempo libero, a essere semplice intervallo tra le fatiche, per rimettere ancora l’uomo a lavorare. La festa, diversamente, celebra che l’uomo è “signore” del tempo, può permettersi di perdere tempo sapendo che non è tempo perso. Festa è anche riposo, tempo per l’uomo, per sé, per l’altro e per Dio. Tempo dell’Eucaristia (la domenica), tempo per la comunità, la carità e la missione». Chiariti i temi e le novità dell’Incontro, una volta “spente le luci” che cosa vi augurate che resti? «Una volta conclusa la settimana dell’evento, la speranza è che i temi, le criticità sollevate e le esperienze d’incontro con le famiglie di tutto il mondo rimangano patrimonio per ossigenare in modo nuovo il trinomio famiglia, lavoro e festa. E dare un volto più umano alla vita quotidiana».
Chiara Pelizzoni